Che cosa ti ha spinto ad arruolarti e perché proprio nella Polizia di Stato ? <Nella mia famiglia ci sono state diverse uniformi di vari Corpi Armati dello Stato, soprattutto dell’Arma dei Carabinieri, ma direi una bugia se dicessi che è stato solo questo fattore che mi ha convinto ad arruolarmi nella Polizia di Stato. In realtà fin da ragazzo avevo il desiderio di fare una professione che mi permettesse di essere al servizio della collettività e sicuramente arruolarmi mi ha consentito di realizzare questo sogno. Certo i valori che mi sono stati inculcati erano perfettamente in linea con questo desiderio e devo dire che ho perseguito quest’obbiettivo con grande determinazione, anche se ero consapevole che questo lavoro avrebbe comportato inevitabilmente un notevole ed impegnativo coinvolgimento personale. Il motivo poi per cui ho scelto la Polizia di Stato e non un altro Corpo è perché quando mi sono arruolato, negli anni ottanta, la Polizia di Stato era in una fase di grande, progressivo, rinnovamento e certamente per chi aveva intenzione di fare investigazioni anche ad un certo livello era il meglio cui si potesse ambire. E del resto, come ho avuto modo di affermare più volte, la Polizia italiana è stata ed è un modello di professionalità non solo per molte Polizie europee ma anche per i corrispondenti Corpi di diversi Paesi a livello mondiale> – Sappiamo che hai fatto servizio in posti ad alta densità camorristica e che ti sei dedicato per molti anni al contrasto della criminalità organizzata. Quali sono i ricordi che hai di questo periodo della tua vita ? <Sono ricordi intensi di anni volati via come un soffio. Anni in cui, insieme al Personale che mi coadiuvava, vivevamo in una dimensione quasi “allucinatoria” con l’unico obbiettivo di conseguire i risultati che ci venivano richiesti. Avevamo inoltre come regola generale di passare quanto più possibile inosservati evitando qualsiasi tipo di pubblicità, sia pure involontaria. Non nascondo che ci sono stati momenti di grande solitudine in cui la guerra che stavamo combattendo sembrava quasi surreale e fuori dal mondo ma di questi momenti mi è rimasto nel cuore la solidarietà e la vicinanza dei Colleghi. Lo “spirito di Corpo” era forse l’unica energia che ci sorreggeva e ci confortava convincendoci che non eravamo proprio dei “folli”. Ricordo ancora quando, dopo diversi anni di quel tipo di vita professionale, mi capitava di esternare l’idea di ottenere un trasferimento più vicino casa ed in un Settore meno gravoso, trasferimento che mi sarebbe stato immediatamente accordato. All’epoca ero da poco sposato ma non avevo ancora figli. Ebbene non posso dimenticare le facce deluse di alcuni Colleghi che spesso mi facevano notare che anche loro erano sposati ed in più avevano dei figli che stavano crescendo “senza che il padre se ne accorgesse”. Inutile dire che mi sentivo quasi un traditore ed era inevitabile rinunciare mentalmente a questa idea, come è accaduto in più di un’occasione. Oggi mi vedo e mi sento spesso con questi Collegi e devo dire che l’affetto e la stima che mi dimostrano mi fanno capire che comunque è stato un’avventura che valeva la pena di essere vissuta sotto il profilo umano e professionale> -Come sono cambiate oggi le investigazioni ? < Sicuramente oggi le moderne tecnologie hanno facilitato le investigazioni di polizia giudiziaria. L’uso di apparecchiature elettroniche e mezzi di intercettazione telematica sempre più sofisticati hanno consentito risultati investigativi notevoli ma per contro occorre chiarire che la stessa criminalità organizzata da tempo utilizza mezzi come l’informatica sia nel campo delle comunicazioni finalizzate alla commissione di gravi crimini che in quello della creazione di nuove forme di reato. Personalmente, nel corso del mio lavoro, soprattutto in anni relativamente recenti, ho imparato ad apprezzare ed usufruire di tutte le evoluzioni di queste moderne tecnologie. All’epoca invece non avevamo tutti questi ausili elettronici avveniristici e quindi le investigazioni richiedevano spesso l’utilizzo di espedienti investigativi complicati, ideati di sana pianta e frutto di un perenne lavorio mentale. Espedienti spesso estremamente pericolosi per la vita dall’investigatore ma che ci hanno consentito di raggiungere i risultati che si volevano ottenere. Questi metodi di indagine non si potevano trovare in nessun libro o manuale né erano oggetto di appositi corsi di istruzione od addestramento, bensì nascevano dalla creatività e soprattutto dell’ostinazione di chi faceva questo tipo di attività. La relativa esperienza veniva poi trasmessa a livello personale e richiedeva a volte un impegnativo apprendistato. Insomma si trattava di un vero e proprio corso pratico dove non ci si poteva permettere di essere” bocciati all’esame” e che comportava nel contempo un notevole carico di sacrifici e rinunce > -Che tipo di sacrifici ? Spiegaci meglio !! Mettendo da parte le molteplici privazioni personali, inevitabili per il tipo di attività investigativa che ho avuto l’onore di praticare, devo dire che il sacrificio più grande è stato sicuramente quello di aver dovuto vivere lontano dalla mia famiglia per lunghi periodi ed è inutile dire che i miei cari ne hanno sofferto moltissimo. Ancora oggi mi sento in colpa per questo nei loro confronti. E del resto anche la mia attività professionale, successiva a questo lungo periodo in cui ero dedito ad un certo tipo di investigazioni, mi ha comunque impegnato notevolmente comportandomi problemi pressoché analoghi. Oggi cerco di recuperare questo tempo perduto soprattutto con mia figlia che, ormai grande, ancora mi rimprovera per le mie passate assenze e spesso mi ripete : ”Papà ti ho rincorso per una vita intera!!! “. Tuttavia sono stato fortunato perché oggi mia figlia ed anche mia moglie credo mi abbiano perdonato.

a cura di Antonella De Novellis